Cartelle esattoriali non pagate
Nel caso di cartelle esattoriali non pagate, l’agente della riscossione ha una serie di poteri a sua disposizione, oltre all’avvio dell’esecuzione forzata. Esistono normative specifiche che mirano a garantire al debitore il sostentamento e che possono impedire il pignoramento di determinati beni. Inoltre, è previsto un reato specifico, quello di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, per coloro che, pur essendo in debito, cercano di disporre dei propri beni. Le conseguenze per chi non adempie al pagamento delle cartelle esattoriali possono essere varie e vanno dal blocco della pensione al blocco dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, dall’ipoteca sulla casa alla trattenuta diretta sullo stipendio. Queste misure sono previste per assicurare il recupero dei debiti fiscali e il rispetto degli obblighi contributivi da parte dei cittadini.
Estratto di ruolo
Per verificare l’esistenza di eventuali debiti con l’Agenzia delle Entrate Riscossione, è possibile richiedere un estratto di ruolo all’esattore locale incaricato della riscossione delle imposte per conto del Comune e della Regione. Tale richiesta può essere effettuata sia di persona presso gli sportelli dedicati, sia online, tramite l’accesso ai servizi appositi disponibili sul sito web dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, utilizzando le proprie credenziali personali. Questo metodo consente ai contribuenti di avere un’istantanea della propria situazione debitoria e di prendere eventuali provvedimenti per la regolarizzazione dei pagamenti dovuti.
Contestazione cartelle non ricevute
Qualora dall’estratto di ruolo emergano cartelle di pagamento non ricevute, il contribuente avrà a disposizione un termine di 60 giorni per contestarle. Se le cartelle di pagamento risultano invece prescritte, il contribuente potrà intraprendere azioni legali contro l’eventuale avvio della procedura esecutiva. Queste disposizioni offrono ai contribuenti la possibilità di difendersi in caso di errori o prescrizioni nel recupero dei debiti fiscali, garantendo un adeguato livello di tutela e giustizia nel processo di riscossione.
Termini e modalità di pagamento delle cartelle esattoriali
Dopo aver ricevuto una cartella esattoriale, il debitore dispone di 60 giorni per effettuare il pagamento o richiedere un piano di rateizzazione. Trascorso questo periodo, il debitore rischia di subire una procedura esecutiva, come ad esempio il pignoramento dei beni.
Per evitare un pagamento eccessivo e immediato, è possibile richiedere la rateizzazione, che consente di dilazionare il debito in 72 o 120 rate. Per debiti fino a 60.000 euro, la rateizzazione in 72 rate può essere ottenuta semplicemente con una richiesta, senza la necessità di presentare documenti che dimostrino difficoltà economiche. Queste disposizioni offrono ai debitori la possibilità di gestire in modo più flessibile i propri obblighi finanziari e di evitare conseguenze più drastiche come il pignoramento.
Ricorso contro la cartella esattoriale
Se il debitore, invece, intende contestare il credito vantato dall’Agente della riscossione, può presentare ricorso. Per farlo, dovrà rispettare i termini previsti e quindi:
- Per le cartelle per contravvenzioni stradali si avrà un termine di 30 giorni di tempo per presentare ricorso al giudice di pace. Stesso discorso se si tratta di fermo auto derivante dal medesimo debito;
- Per le cartelle per contributi previdenziali Inps o Inail si hanno 40 giorni di tempo per presentare ricorso al tribunale ordinario, sezione lavoro;
- Per le cartelle per imposte e tributi si deve rispettare il termine di 60 giorni di tempo per presentare ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale.
I rischi del debitore: misure cautelari e esecutive
L’Agenzia Entrate Riscossione dispone di una serie di misure cautelari volte a prevenire la vendita dei beni da parte del debitore prima dell’esecuzione del pignoramento. Queste misure cautelari, utilizzate per garantire l’efficacia del recupero dei debiti fiscali, includono il fermo auto e l’ipoteca.
Il fermo auto è un’azione che consente all’Agenzia di bloccare il trasferimento della proprietà del veicolo del debitore. Questo impedisce al debitore di disporre del proprio veicolo prima dell’esecuzione del pignoramento, assicurando che il veicolo rimanga disponibile per la vendita ai fini del recupero del debito fiscale.
L’ipoteca è un’altra misura cautelare utilizzata dall’Agenzia per garantire il recupero del debito. Attraverso l’ipoteca, l’Agenzia acquisisce un diritto di garanzia su determinati beni immobili del debitore. Ciò significa che il debitore non può vendere o disporre dei beni soggetti a ipoteca senza prima soddisfare il debito nei confronti dell’Agenzia Entrate Riscossione.
Fermo amministrativo
Il fermo amministrativo è l’atto con il quale si impedisce al proprietario di veicoli a motore il loro libero utilizzo come conseguenza del mancato pagamento di tributi e sanzioni. Solo una volta corrisposto quanto dovuto, il proprietario del veicolo sottoposto a fermo potrà tornare a utilizzarlo. Lo scopo della misura è quindi quello di riscuotere la somma dovuta.
Il veicolo gravato dalla sanzione accessoria del fermo amministrativo, quindi, non può circolare; qualora ciò accadesse, è prevista l’applicazione delle sanzioni dettate dalle norme sulla circolazione stradale. Nelle ipotesi in cui il Codice della strada preveda che all’accertamento della violazione stradale consegua l’applicazione della sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo, il proprietario, nominato custode, o, in sua assenza, il conducente o altro soggetto obbligato in solido, deve far cessare la circolazione e provvedere alla collocazione del veicolo in un luogo di cui abbia la disponibilità ovvero lo custodisce, a proprie spese, in un luogo non sottoposto a pubblico passaggio.
La violazione del divieto di circolazione con un veicolo sottoposto a fermo amministrativo comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria che può variare da € 714,00 a € 2.859,00. È prevista, inoltre la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi.
Per procedere al fermo amministrativo, l’Ente creditore deve provvedere a notificare, tramite cartella esattoriale, un’intimazione di pagamento entro 60 giorni. Successivamente, deve notificare al debitore la volontà di procedere al fermo amministrativo. A seguito della ricezione del preavviso, il soggetto ha ulteriori 30 giorni per il saldo dei debiti, anche in forma dilazionata mediante pagamento a rate. Qualora si dovesse optare per un piano di rateizzazione, è prevista la sospensione del fermo amministrativo che consente al proprietario del veicolo di utilizzarlo regolarmente.
La cancellazione del fermo amministrativo avviene a debito estinto. Essa può tuttavia essere proposta nel caso in cui lo stesso non sia stato iscritto correttamente e quindi quando si ravvisi il mancato rispetto delle regole previste dalla legge per l’iscrizione del fermo su un veicolo.
Ipoteca
L’ipoteca sulla casa può essere iscritta solo se l’ammontare complessivo delle cartelle esattoriali non pagate raggiunge almeno i 20.000 euro. Questa misura, che rappresenta un grave vincolo sul patrimonio immobiliare del debitore, viene attuata dall’Agenzia Entrate Riscossione per garantire il recupero dei debiti fiscali.
Va notato che l’ipoteca può essere iscritta anche sulla prima casa del debitore, contrariamente al pignoramento, che generalmente non coinvolge la residenza principale. Tuttavia, per procedere con l’iscrizione dell’ipoteca, il contribuente deve ricevere un preavviso da parte dell’Agenzia Entrate Riscossione. Questo preavviso concede al contribuente un periodo di 30 giorni per saldare il debito o richiedere un piano di rateizzazione.
Questo periodo di 30 giorni rappresenta un’opportunità per il debitore di adottare misure per risolvere la propria situazione debitoria prima che vengano adottate misure più drastiche come l’iscrizione dell’ipoteca sulla casa. Tuttavia, se il debito non viene estinto entro il termine stabilito, l’Agenzia potrebbe procedere con l’iscrizione dell’ipoteca, che può avere conseguenze significative sul patrimonio immobiliare del contribuente.
Pignoramento
Una delle conseguenze del mancato pagamento è il pignoramento.
Il pignoramento può aggredire solo i beni intestati al debitore. In caso di beni cointestati, il pignoramento può comunque avvenire ma nei limiti del 50%.
La procedura esecutiva può avere ad oggetto:
- Il conto corrente: il pignoramento del conto corrente rientra nelle procedure di pignoramento presso terzi. Si tratta di una forma di espropriazione forzata avente per oggetto i crediti vantati dal debitore nei confronti di terzi ovvero i beni mobili del debitore in possesso di terzi.
- Lo stipendio: Si tratta di una particolare forma di pignoramento presso terzi e infatti, l’atto di pignoramento è indirizzato non al debitore (al quale pure va notificato), ma al suo datore di lavoro, che viene quindi formalmente invitato ad astenersi dal sottrarre la quota di stipendio pignorabile dalla procedura esecutiva e a non versarla più al lavoratore ma al suo creditore pignorante.
- La pensione: in questo caso la legge prevede un minimo vitale che deve essere rispettato dai creditori e che quindi non può essere aggredito. Non vi sono invece dei limiti massimi predeterminabili, considerato che tale entità dipende dalla misura annua dell’assegno sociale, un parametro che viene stabilito per poter determinare – appunto – fino a quanto si può spingere il pignoramento del debitore.
Il pignoramento della casa è, tra tutte le misure, quella soggetta a più vincoli.
Innanzitutto il pignoramento non è possibile sull’unico immobile di proprietà del debitore, vi sia fissata la sua residenza e sia adibito a civile abitazione. In tutti gli altri casi, il pignoramento è possibile a condizione che:
- sia stata prima iscritta ipoteca;
- siano decorsi sei mesi dall’iscrizione dell’ipoteca;
- il debito complessivo sia superiore a 120mila euro;
- il valore complessivo di tutti gli immobili di proprietà del debitore superi 120mila euro.
Opposizione alla cartella esattoriale e tutela del debitore
Il debitore che desidera contestare il credito vantato nelle cartelle di pagamento può presentare la propria opposizione. Tuttavia, considerando che si tratta di atti soggetti a termini di decadenza differenti, è consigliabile che il debitore si faccia assistere da un avvocato per evitare che il proprio diritto si prescriva a causa della scadenza dei termini.
I termini da rispettare variano a seconda della natura del credito e dell’organo giurisdizionale competente:
- Se la cartella di pagamento riguarda somme di natura tributaria, il termine per presentare ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale competente è di 60 giorni dalla notifica della cartella.
- Se la cartella di pagamento/avviso di addebito riguarda crediti di natura contributiva o assistenziale, il termine per presentare opposizione davanti al Tribunale – Sezione Lavoro è il seguente:
- 40 giorni dalla notifica della cartella di pagamento se l’impugnazione riguarda vizi di carattere sostanziale, ossia quei vizi che coinvolgono l’esistenza del credito o la sua entità.
- 20 giorni dalla notifica della cartella di pagamento/avviso di addebito se l’impugnazione riguarda vizi di carattere formale, come la forma dell’atto e la sua notifica.
Questi termini sono fondamentali da rispettare per garantire al debitore la possibilità di contestare il credito vantato nelle cartelle di pagamento in modo tempestivo e efficace.
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