Opposizione ad Atti di Precetto
L’opposizione ad atti di precetto rappresenta una delle modalità attraverso cui è possibile contrastare l’avvio della fase esecutiva.
In pratica, il processo esecutivo è uno strumento che consente a chi ha un credito non soddisfatto di ottenere ciò che gli spetta, anche mediante azioni coattive, quando un’altra parte non ha adempiuto a un obbligo giuridico.
L’atto di precetto, quindi, è una sorta di richiesta di pagamento che segna l’inizio del procedimento di esecuzione forzata, e può essere notificato una volta che il creditore ha ottenuto un titolo esecutivo valido, come un decreto ingiuntivo, una sentenza o un documento simile.
Dopo aver ricevuto un atto di precetto, il debitore o un terzo possono presentare un’opposizione al precetto, mettendo in discussione il diritto reclamato dal creditore. Questa forma di opposizione mira principalmente a verificare la correttezza formale degli atti esecutivi coinvolti.
Competenza del giudice
La competenza del giudice per decidere sulle opposizioni agli atti di precetto è disciplinata principalmente dal Codice di Procedura Civile e dal Codice di Procedura Penale.
In base all’articolo 617 del Codice di Procedura Civile, il giudice competente per decidere sull’opposizione agli atti di precetto è il giudice dell’esecuzione, che può essere individuato in conformità alle norme di competenza territoriale stabilite dal codice stesso.
Per quanto riguarda la competenza materiale, l’articolo 615 cpc stabilisce che il giudice dell’esecuzione è competente per decidere su tutte le questioni relative all’esecuzione forzata e ai titoli esecutivi, comprese le opposizioni agli atti di precetto.
In aggiunta, l’articolo 617-bis cpc prevede che, in caso di contestazione di atti esecutivi aventi natura cautelare o urgente, il giudice competente può essere individuato anche tra i giudici delle altre sezioni del tribunale, secondo le modalità stabilite dalle leggi di organizzazione giudiziaria. Infine, l’articolo 616 cpc stabilisce che le decisioni del giudice dell’esecuzione in merito alle opposizioni agli atti di precetto possono essere impugnate con i normali mezzi di impugnazione previsti dalla legge e, quindi, con l’appello o il ricorso per cassazione.
Per quanto riguarda il Codice di Procedura Penale, se l’esecuzione è relativa a una sentenza penale, è possibile che la competenza sia attribuita al giudice dell’esecuzione penale, previsto dalle norme procedurali penali.
In definitiva, la competenza del giudice per decidere sulle opposizioni agli atti di precetto dipende dalle norme di competenza territoriale e materiale stabilite dai codici di procedura civile ma anche, in alcuni casi, da quello di procedura penale, nonché dalle disposizioni specifiche riguardanti l’esecuzione delle sentenze penali.
Giudice competente per territorio
Il giudice competente per territorio è lo stesso competente per l’esecuzione forzata. Il precetto, in particolare, deve contenere la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante (il creditore) nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione (e, quindi, per le cose mobili od immobili il giudice del luogo in cui le cose si trovano), ed è proprio in tale tribunale che andrà presentata l’opposizione a precetto, a meno che il creditore abbia omesso di eleggere domicilio. In tal caso l’opposizione al precetto si proporrà nel luogo in cui lo stesso è stato notificato.
Quando proporre opposizione
La disciplina dei termini per la presentazione dell’opposizione varia a seconda della natura della contestazione.
Se l’obiezione riguarda l’esecuzione stessa, non ci sono termini fissi da rispettare. Inoltre, è possibile presentare un’opposizione anche mentre l’esecuzione è in corso.
Quindi, nel caso in cui si voglia contestare il diritto del creditore di procedere con l’esecuzione forzata a causa dell’inesistenza (totale o parziale) del credito, o nel caso in cui si voglia contestare l’esistenza del titolo esecutivo o l’illegittimità della formula esecutiva, non c’è un termine specifico entro cui presentare l’opposizione.
Tuttavia, c’è un limite: l’opposizione diventa inammissibile se viene proposta dopo che è stata disposta la vendita dei beni, a meno che non si basi su fatti intervenuti successivamente o a meno che l’opponente dimostri di non aver potuto presentare tempestivamente l’opposizione per cause non imputabili a lui.
Per quanto riguarda i vizi di forma del precetto, invece, al contrario di quanto previsto nelle ipotesi suddette, il debitore ha 20 giorni dalla notifica del precetto stesso per presentare l’opposizione. Questo termine si applica quando si contesta la regolarità formale o la corretta notifica del precetto e si propone un’opposizione agli atti esecutivi.
Se la notifica del precetto è stata irregolare e il debitore ha avuto conoscenza dell’atto in un momento successivo, il termine di 20 giorni inizia a decorrere dalla data in cui ha acquisito tale conoscenza, anche di fatto.
In breve, mentre per le contestazioni riguardanti l’esecuzione non ci sono termini fissi, per i vizi di forma del precetto il termine per presentare l’opposizione è di 20 giorni dalla notifica dello stesso.
Il termine di venti giorni per la presentazione dell’opposizione è un termine decadenziale, il cui mancato rispetto comporta l’inammissibilità dell’opposizione. Questo significa che, se alla scadenza di tale termine non viene proposta opposizione, l’atto esecutivo deve ritenersi definitivamente acquisito al processo esecutivo. Un’eccezione a questa regola riguarda i casi di nullità insanabile dell’atto esecutivo. Tale nullità renderebbe opponibile l’atto anche oltre lo spirare del termine decadenziale. Si precisa che per nullità insanabile deve intendersi quel vizio dell’atto che impedisce all’intero processo esecutivo di pervenire al suo scopo.
Altre ipotesi di ammissibilità dell’opposizione tardiva
Se l’intimato, ossia la parte a cui è stato notificato il precetto, desidera fare opposizione anche dopo la scadenza del termine previsto nel decreto, può farlo ma ad una condizione: egli dovrà dimostrare che non ha avuto una tempestiva conoscenza dell’atto a causa di irregolarità nella notifica, oppure a causa di circostanze impreviste o eventi di forza maggiore.
In altre parole, si deve trattare di cause che non dipendono dalla sua responsabilità.
Se l’intimato riesce a dimostrare tali circostanze, l’esecutorietà del decreto può essere sospesa, permettendo quindi all’opposizione di essere valutata.
Tuttavia, è importante notare che anche se l’esecutorietà è sospesa, l’opposizione non può essere presentata oltre dieci giorni dal primo atto di esecuzione. Questo significa che, anche se il termine originale è scaduto, se l’intimato prova di non aver avuto una tempestiva conoscenza del precetto per motivi al di fuori del suo controllo, può ancora fare opposizione.
Tuttavia, deve farlo entro dieci giorni dal momento in cui ha luogo il primo atto di esecuzione.
In sintesi, l’intimato può presentare un’opposizione anche dopo la scadenza del termine originale se può dimostrare di non aver avuto una tempestiva conoscenza del precetto per motivi al di fuori del suo controllo. Tuttavia, l’opposizione deve essere fatta entro dieci giorni dal primo atto di esecuzione, anche se l’esecutorietà del decreto è sospesa.
Quando il processo di esecuzione viene annunciato al debitore tramite la notifica del titolo esecutivo e del precetto, questo ha la possibilità di proporre un’opposizione al precetto prima che l’esecuzione inizi effettivamente. In tal caso, il debitore deve presentare un atto di citazione davanti al giudice competente. Questa opposizione preventiva all’esecuzione comporta la sospensione del termine di novanta giorni dalla notifica del precetto entro cui il creditore può introdurre l’azione esecutiva.
Successivamente all’opposizione preventiva, il debitore può anche formulare un’istanza di sospensione dell’efficacia del titolo esecutivo. Tale sospensione viene richiesta al giudice competente, il quale valuta se sussistono gravi motivi e la presenza di un pericolo immediato e irreparabile (in termini tecnici si parla di periculum in mora) insieme alla probabilità di avere ragione e quindi di vantare un diritto (è il cosiddetto fumus bonis iuris).
Il giudice ha il potere discrezionale di decidere se sospendere il processo esecutivo, prendendo in considerazione la presunta fondatezza delle ragioni dell’opposizione. Potrebbe anche richiedere al debitore o al terzo che presenta l’istanza di sospensione di pagare una cauzione per garantire eventuali danni al creditore a causa della sospensione. La decisione di rilasciare o meno la cauzione spetta al giudice dell’esecuzione, che basa la sua decisione sull’apparente fondatezza delle ragioni addotte dall’opponente.
Se i presupposti per la sospensione sono soddisfatti, il giudice può sospendere l’esecuzione, rendendo eventuali pignoramenti nulli o annullabili su richiesta di una delle parti coinvolte.
Nel caso in cui il diritto della parte istante sia contestato solo in parte, il giudice può decidere di sospendere solo la parte contestata dell’azione esecutiva.
Il provvedimento del giudice che dispone la sospensione assume la forma di un’ordinanza. Questa ordinanza può prevedere una sospensione totale se riguarda l’intera somma oggetto dell’esecuzione, oppure una sospensione parziale limitata alle somme oggetto di contestazione.
Per quanto riguarda l’opposizione successiva, che mira a contestare il diritto del creditore di procedere con l’esecuzione e la pignorabilità dei beni, questa deve essere presentata attraverso un ricorso.
Reclamabilità dell’ordinanza di sospensione
Il provvedimento di sospensione è reclamabile. Questa regola si fonda sul presupposto che con il reclamo sia possibile garantire l’intervento di un giudice diverso da quello che ha già provveduto sul punto, evitando pregiudizi sul punto.
Il reclamo è proponibile solo avverso le ordinanze, di accoglimento o di rigetto dell’istanza, emesse all’esito dell’udienza di comparizione delle parti.
Reclamo in casi di urgenza
Il reclamo non è proponibile avverso il decreto con cui è disposta la sospensione dell’esecuzione in caso d’urgenza.
In questo secondo caso, infatti, sarà necessario attendere l’udienza di comparizione fissata con il decreto e il provvedimento di conferma, revoca o modifica del decreto stesso. Solo a seguito di ciò sarà esperibile il reclamo avverso il provvedimento.
Forma dell’opposizione a atti di precetto
Quando si vuole contestare il diritto della parte istante di procedere con l’esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, è possibile proporre un’opposizione al precetto.
In questo caso, è necessario preparare un atto di citazione da presentare davanti al giudice competente per materia, valore e territorio. Una volta presentato l’atto di citazione, il giudice esamina se sussistono i presupposti e, quindi, se ci siano gravi motivi per sospendere l’efficacia esecutiva del titolo su richiesta di una delle parti coinvolte. Se il diritto della parte istante è contestato solo parzialmente, il giudice provvede a sospendere l’esecuzione solo per la parte contestata.
Successivamente al deposito del ricorso, il giudice fissa con decreto la data dell’udienza di comparizione e stabilisce un termine perentorio entro il quale il ricorso e il decreto devono essere notificati alle parti interessate. È importante rispettare questo termine, poiché la mancata o tardiva notifica può determinare l’inammissibilità del ricorso.
In ogni caso, se ci sono ragioni di urgenza, il giudice può decidere di sospendere immediatamente l’esecuzione e confermare o revocare tale sospensione durante l’udienza di comparizione delle parti.
Il procedimento si conclude con una sentenza emessa dal giudice, la quale è soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione previsti dalla legge.
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